CAPITOLO 03

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blinka182
view post Posted on 5/2/2009, 22:17     +1   -1




I primi show dei blink non erano così belli. Ma chi se ne importa. I blink avevano fatto diversi concerti da allora. Il pubblico continuava a essere ancora composto principalmente da amici ma le cose iniziavano a cambiare. Oltre a qualsiasi festa che i blink riuscivano ad accaparrarsi, iniziarono anche a fare da opening band per diversi gruppi di san Diego al Soma, il locale più importante della città aperto anche ai minori di 21 anni. A quel tempo, il Soma era ancora nella sua posizione originale in downtown san Diego, in Market Street. Gruppi importanti come Green day e NOFX suonavano sul piano principale, mentre le piccole bands erano relegate al piano terra, un’area amorevolmente indicata come “The Dungeon”. The Dungeon era una stanza scura e simile a una scatola con il palco rialzato solo pochi centimetri rispetto al pavimento. C’era poco spazio per muoversi sul palco e poco più spazio per la folla. C’era solo una regola nel Dungeon, cioè che lo spazio fra i quattro pali che contornavano il palco doveva essere libero. Questa regola di solito era rispettata. Soprattutto perché poche bands lì sotto attraevano così tante persone da allargarsi più di quanto era permesso. Nel Dungeon, anche gli headliners erano piccole bands locali, con bands di apertura ancora più piccole. I blink erano una di queste bands più piccole.


La sera dello show l’equipaggiamento della band era impilato nel retro del “Family Truckster”, la grande station wagon blu della mamma di Mark. Non era il tipo di veicolo che i tre giovani punk avrebbero voluto usare per andare agli shows, ma era l’unico che avevano che fosse abbastanza grande da contenere la loro attrezzatura. Al locale, Mark, Tom e Scott trascinavano il pesante equipaggiamento giù per le scale che conducevano al Dungeon e lo mettevano in un angolo non protetto mentre aspettavano il loro turno per suonare. Un pubblico di 30 o 40 persone era un grande successo. Molti dei ragazzi presenti erano lì per vedere le altre bands. Solo pochi guardavano i blink, e questi pochi erano quasi tutti amici.

Mark: “Mi ricordo che avevo sempre paura di sbattere la testa contro il soffitto sopra il palco perché era così basso. Ma comunque era sempre splendido suonare. Il Dungeon era magnifico. E’ bello avere un locale che dia una possibilità alle piccole bands, bands che attirano solo 20 o 30 persone.”

Tom: “Suonare al Dungeon era bellissimo. Mi ricordo che sedevamo fuori dal club così increduli di essere sul punto di suonare un vero concerto in un vero locale. Ma ero anche triste perché sapevo che entro un’ora la serata sarebbe finita e avremmo potuto dover aspettare anche un mese per suonare di nuovo lì”
Ma nonostante la felicità di suonare nel Dungeon, i ragazzi volevano sapere cosa si provava a suonare grandi concerti, a suonare al piano di sopra. Ma prima di tutto, avrebbero dovuto provare al Soma di essere una band da prendere seriamente. Avevano bisogno di guidare un proprio show nel Dungeon e far venire molte persone. Per essere considerati anche solo come opening band al piano principale, i blink dovevano dimostrare di essere una band che poteva attirare una grande folla. Avevano bisogno di un centinaio di persone, e sarebbero stati a posto. Se cento persone fossero venute a uno show e avessero detto “blink” alla porta, avrebbero finalmente potuto suonare al piano principale al Soma. Sarebbe stato un grande momento. Ma come cavolo fai a piacere a cento persone che non conosci, tanto che loro lo ammettano a un buttafuori in un club? Sfortunatamente, tutti i 3 membri dei blink-182 messi insieme non riuscivano a trascinare ai loro show cento amici. Erano fortunati se riuscivano a racimolarne dieci, che erano quelli che regolarmente li seguivano. O trovavano più amici (cosa che non sarebbe mai successa), o si facevano un nome. Avevano bisogno di concerti per ottenere più concerti.

Tom se ne era accorto. Mentre tutti i tre membri volevano che la band avesse successo, nel primo periodo era Tom a essere veramente sulla strada giusta. Era disposto a fare qualsiasi cosa per la band. Tom portò un registratore per esercitarsi regolarmente e fece cassette da mandare ai promoters dei clubs di san Diego. Chiamò questi promoters al punto di perseguitarli, pregando per qualsiasi intermezzo o concerto. Chiamò le high schools locali, dicendo ai presidi che i blink erano una band motivazionale con un forte messaggio contro la droga. Potevano i blink suonare alla loro scuola durante il pranzo o un’assemblea? Tom era instancabile e non aveva vergogna quando doveva lavorare per la sua band.

Tom: “Volevo suonare continuamente. Al lavoro passavo il tempo al telefono a chiamare gente. Davo volantini a scuola dicendo semplicemente ‘Hey, siamo una band’. Ho mandato un milione di cassette. Dio, mi piaceva suonare ai concerti”

Iperattivo, persecutore senza vergogna o qualsiasi cosa fosse, funzionò. I blink-182 suonavano regolarmente. E con i concerti arrivarono le persone. blink diventò un nome riconosciuto nella scena musicale a san Diego man mano che le persone ebbero l’opportunità di ascoltarli suonare quasi ogni week-end. I blink avevano il vantaggio di essere una band che stava a San Diego. Nella metà degli anni novanta , San Diego era conosciuta per le sue rock band, con artisti popolari come Rocket from the crypt e Fluf leading the pack. Un’impertinente, politicamente scorretta band di skaters che parlavano di scoregge e uccelli fra veloci canzoni punk era destinata a ricevere attenzione. E i blink decisamente la ottennero. Finalmente nel pubblico c’erano facce che nessuno conosceva. Molte.
I blink non ebbero mai la possibilità di suonare al piano principale del Soma in Market Street, ma non per la mancanza di cento persone. Prima di avere la possibilità di raggiungere quell’ambito palco, il Soma chiuse e si trasferì. Nel nuovo Soma il Dungeon fu sostituito da un palco laterale, ma il concetto rimase lo stesso. Dopo la riapertura, i blink guidarono il proprio show sul palco secondario. Avevano lavorato a lungo e duramente per raggiungere questo punto, e diffusero la notizia del loro show il più possibile. Il Soma era IL posto dove suonare a San Diego.

Mark: “Il Soma era come la nostra seconda casa. Tutti i ragazzi punk rock a cui non fregava niente del calcio e dei balli, andavano al Soma. Tutti i perdenti andavano là per vedere gli amici, per dare un’occhiata a una band. Ci andavano ogni week-end. Era sempre splendido suonare al Soma.”

La notte del loro primo show da headliners, i blink catturarono il Soma. La folla di perdenti era tutta loro. La piccola area del palco laterale era piena di ragazzi e quando i blink iniziarono a suonare, l’intera folla si mosse.

Tom: “I ragazzi entravano e io non ne riconoscevo la metà. E loro continuavano a venire. Vennero qualcosa come 140 ragazzi quella sera. Metteva paura. Voglio dire, era il nostro show! Quei ragazzi erano venuti a vedere NOI! Avevo paura che avremmo suonato male…”

Ma i blink non suonarono male. Fecero un grande show. Fra veloci, forti, orecchiabili canzoni pop punk, Mark e Tom si scambiarono battute su masturbazione, cacca e, naturalmente, ragazze. Era come nella camera di Tom ma con 140 punk rockers urlanti in più. Tutte queste facce sconosciute si mangiarono completamente lo show. C’era un casino tremendo. Non c’era un angolo sicuro dove nascondersi. Mentre la folla spingeva in avanti, la gente in prima fila andò avanti di tre passi e salì sul palco. I microfoni caddero. La band poteva muoversi a fatica con le persone in più sul palco. Era totalmente punk. Era perfetto. E ebbero le loro cento persone. Il palco principale era finalmente loro, senza riserve.

Il loro primo grande show sul palco principale fu un Giovedì sera, come opening band per i Face to Face.

Tom: “Era incredibile pensare che l’avevamo fatto”

Mark: “Eravamo una band appena formata, ed eravamo ancora ragazzi. Avevamo tutti sognato di essere in una band, e lo stavamo veramente facendo. Tutto ci sembrava una grande cosa a quel tempo. Non ci importava se suonavamo di fronte a 10 o 100 persone. Semplicemente ci divertivamo così tanto facendo tutto ciò. Forse questo aiutò, forse farlo semplicemente per divertirsi era il modo giusto di fare le cose, perché tutto continuò ad andare avanti nel verso giusto.”

Ora i blink potevamo chiedere legittimamente un seguito. Ma continuarono ad arrivare cose sempre più grandi.

Nel 1993 e nel 1994 i blink continuarono a suonare, suonare e suonare. Potevano essere trovati sul palco quasi ogni week-end, come headliners al Soma sul palco secondario del Soma, come opening band su quello principale, o in uno degli altri piccoli locali per tutte le età sparsi per San Diego (Qualcuno ricorda The soul kitchen a El Cajon? Quel club di spogliarelliste dove le bands suonavano nell’area delle vetrine e la maggior parte del pubblico sedeva sui divanetti? I blink suonarono lì un paio di volte). Anche in YMCS centers e Elks Lodges. Il solo posto in cui un fan non poteva beccare i blink erano i clubs per i maggiori di 21 anni, bastioni dei rockers con le loro giacche. Nonostante la crescente popolarità dei blink, questi clubs continuarono a voltare le spalle alla band. Questo andava bene ai blink. Oltre a essere tecnicamente illegale per il gruppo, ancora minorenne, il pubblico over 21 non aveva mai l’energia del pubblico di tutte le età. I ragazzi erano sempre il pubblico migliore. I blink erano più che contenti ad avere a che fare con loro.

Tom: “ Noi eravamo come i ragazzi davanti a cui suonavamo. Andavamo a scuola, cercavamo di rimorchiare ragazze, andavamo in giro. Era ciò di cui cantavamo e ciò che facevamo, ed era ciò che i ragazzi del pubblico facevano. Penso che questo fosse il motivo per cui piacevamo alla gente. Ci conoscevano”

In pochi anni, i blink avevano fatto grandi passi rispetto a quando suonavano nel garage di Tom. Erano una band “reale” ora. Avevano shows e avevano fans. Ora volevano un album. Uno vero, qualcosa di non registrato nella camera di Scott.

Mark lavorava ancora al negozio di musica, se ciò che faceva si può dire lavorare. Il suo capo, Pat Secor, aveva un onesto amore per la musica. Aveva preso la guida di quel negozio perché voleva imparare di più sul business del mondo musicale. Quando Mark non era troppo occupato a guardare la tv del negozio (mai permesso), mangiare il suo FunDip (niente cibo sul piano di vendita), trastullarsi con la sua T-shirt (mai portare maglie senza colletto), il suo cappello da baseball (niente cappelli) e capelli blu (niente colori innaturali dei capelli) e a ignorare i clienti, lui e Pat parlavano del mondo della musica.

Mark: “Il mio amico Pat, che era anche il mio capo al negozio di musica, ascoltava la stessa musica che ascoltavo io, e parlavamo tutto il tempo. Voleva creare una propria etichetta, e noi volevamo fare una cassetta. Quindi lui ci disse Ehy, vi presto i soldi e divideremo i guadagni finché non mi avrete rimborsato. Quindi con parte dei suoi soldi e parte dei nostri andammo in studio”

Scott: “Pat fu la prima persona ad avere fiducia in noi”
Questa cassetta venne conosciuta come Buddha. Fu registrata ai Doubletimes studios a Santee, CA. Jeff Forrest, il ragazzo con i capelli più cool del mondo secondo Mark, si occupò dell’album, facendo quello del suo meglio con solo tre notti di registrazione e un budget estremamente ridicolo. Oltretutto, Mark era super malato e tutto dovette essere organizzato intorno agli orari di scuola e di lavoro. Ma lo fecero. Registrarono il loro primo lavoro.

Tom: “Ricordo che eravamo entusiasti degli effetti sonori che avevano allo studio. Registrammo in circa tre notti e utilizzammo ancora qualche ora per aggiungere applausi, risate e altri effetti sonori perché pensavamo che sarebbe suonato così divertente”

Le copertine erano fotocopie a colori prese dal nostro buon amico Cam Jones. Mark e Cam passarono un pomeriggio facendo fotografie artistiche dentro e intorno al cortile di Scott. Il Buddha nella foto era un regalo dal patrigno di Mark. Mark lo trovava cool e lo portò da Scott per fotografarlo. Quando le foto furono sviluppate, Mark e Cam le portarono a un negozio per farle fotocopiare a colori. Insieme, tagliarono, incollarono e risistemarono queste copie finchè non ottennero un risultato che gli piaceva. I fogli dei testi erano della stessa pasta- scritti a mano e fotocopiati un migliaio di volte. Era decisamente una pubblicazione amatoriale.

Ma come in tutte le registrazioni, sono le canzoni che alla fine le fanno funzionare o meno. E queste canzoni erano grandi. Mark e Tom, anche se la loro espansività rende difficile immaginarlo, presero la composizione dei testi molto seriamente. I testi erano la cosa per cui la band si sforzava di più per raggiungere la perfezione.

Mark: “Le canzoni erano decisamente ciò che importava. Era l’unico obbiettivo che avevamo veramente stabilito per la nostra band. Scrivere grandi canzoni. Potevamo non suonare ogni show perfettamente, potevamo sbagliare qualche nota, potevamo non avere la migliore performance, ma avevamo belle canzoni”

Tom: “Penso che sia molto bello essere una band con cui ci si possa riconoscere. Scriviamo su cose che tutti i ragazzi conoscono. Ma è quasi altrettanto importante far ridere la gente. Alla fine di Buddha passammo più tempo ad aggiustare le nostre canzoni-barzelletta che le altre. Canzoni su mia madre che è un travestito, su noi che facciamo sesso con le nostre famiglie o su qualsiasi altra cosa. Ma avevamo già fatto le altre canzoni”

Alcune di queste “altre” canzoni rimangono le preferite della band. E dei fans. Anni dopo l’originale registrazione, le canzoni erano ancora talmente forti da attrarre l’interesse della Kung Fu records che alla fine pubblicò l’album in formato CD e, per la prima volta, lo rese largamente disponibile.

Ma prima che i blink anche solo capissero cosa era la distribuzione, far avere il demo ai loro fans portò molto più lavoro. Mark e Tom andavano con la macchina a prendere le cassette- vere cassette in una scatola, confezioni per le cassette nell’altra scatola. Poi andavano al negozio per fare fotocopie della coperina e dei testi. Poi andavano a casa di Mark dove tutta la famiglia (sì, OKAY! Mark ancora viveva a casa, non c’è niente di male in ciò) passava ore guardando la TV. Beh, questo era abbastanza normale. La differenza era che in quei giorni mentre guardava quelle ore di Tv, la famiglia piegava e combinava pezzi e parti finché una completa cassetta di Buddha emergeva. Per una bella piega sul foglio dei testi, raccomandiamo di sedersi sopra alla carta. Provate. Comunque, una volta che le cassette erano insieme, erano caricate sulla macchina di Mark che le portava nei vari negozi di musica in giro per la città.

Mark: “Mi ricordo di quando andavo da tutti i negozi di dischi per lasciare cassette da vendere. Andavo da Lou’s records, Off the record e Music Trader. Era troppo bello perché le cassette vendevano veramente, ed è per questo che dovevo andare tutte le settimane. Music trader ne vendeva una, Off the Recor due, o qualcosa del genere. Ma voleva dire che la gente andava in un negozio e comprava qualcosa che noi avevamo scritto e registrato. Era stupendo.”

Le cassette vendevano anche ai concerti dei blink. I vecchi fans volevano una copia da mettere in macchina. I nuovi fan volevano riascoltare quello che avevano appena sentito. Qualunque fosse il motivo, i ragazzi volevano le cassette. Sempre più spesso, Mark e Tom andavano a prendere un’altra scatola, e poi ancora un’altra. Non potevano crederci.

In aggiunta al loro vivace commercio di cassette, ora i blink vendevano anche magliette. Tom e Mark comprarono una matrice per serigrafia e organizzarono un laboratorio nel garage della mamma di Mark. Presto iniziarono a produrre T-shirts. Non le belle, professionali magliette di qualità delle bands più grandi. No, queste erano spaventose maglie dei blink fatte in casa con pezzi che mancavano dal disegno e scritte macchiate.
Stampavano abbastanza maglie da portare al prossimo show, e poi saccheggiavano la casa alla ricerca di qualsiasi cosa che potesse trattenere l’inchiostro. Federe, lenzuoli, boxer- qualunque cosa fosse disponibile. L’intero strano assortimento veniva appeso ad asciugare mentre i ragazzi pulivano la matrice e ricominciavano con un altro design. Il posto puzzava di inchiostro e candeggina per giorni interi. Quello sarebbe stato il periodo migliore per Mark e Tom per commettere un delitto. Non ebbero impronte digitali per un po’- gli agenti chimici della matrice le avevano bruciate. Ma era parecchio cool avere delle magliette.

Mark: “le nostre magliette erano così divertenti. Non avevano nessun senso. C’era un disegno carino sul davanti e poi sul retro dicevano qualcosa tipo ‘Teenage Tit Freaks’. Non ho idea di cosa pensavamo. Ricevevamo ordini speciali dai nostri amici tipo ‘hey potreste per favore lasciar fuori il tit freaks fuori dalla mia maglia?’”

Anche con la cosa del Teenage Tit Freaks, le T-shirts vendevano. Sicuro, non se ne vendevano a migliaia, neanche centinaia. Ma non importava. Il fatto che un ragazzo amasse i blink abbastanza da indossare una maglia con scritto “Teenage Tit Freaks” sul retro era sufficiente per loro. Era incredibile.

La band sembrava solida a Mark, Tom e Scott. Era diventata quasi tutta la loro vita. Ma gli venne ricordato che altre forze esterne avrebbero potuto colpirli, con buoni e cattivi risultati. Proprio quando la band era veramente unita, i genitori di Scott vendettero la loro casa a Poway e si trasferirono a Reno, Nevada, portando il loro figlio (ancora in età da high school) con loro. I blink avevano perso il loro batterista. Lo sostituirono per un breve periodo con il loro amico musicista Mike Krull, ma la band non funzionava senza Scott. Dopo qualche mese iniziarono a risparmiare e a mettere Scott su un aereo ogni volta che c’era uno show. Alla fine Scott riuscì a convincere i suoi a lasciarlo tornare a San Diego e vivere con la famiglia di Mark. La band era di nuovo unita e i ragazzi continuarono la loro serie di successi.


Scott: “L’estate in cui ho vissuto con Mark e la sua famiglia è stata probabilmente la più bella estate finora. Sono andato via di casa a 17 anni, tornato a San Diego, abbiamo comprato un furgone, finito il nostro primo video..Avevo tutti quei sogni nella testa e stavano diventando reali”

E Mark, Tom e Scott non erano gli unici a notare il proprio successo. Stavano per incontrare il buono che viene dalle forze esterne.
 
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